Nei territori dalla Locride fino a Palizzi e oltre, ogni comunità rappresentava una realtà viticola diversa a causa delle diverse origini dei suoi abitanti. Ad esempio, Pietrapennata, fondata da profughi maltesi dopo la caduta dell’isola in mano agli arabi nel IX secolo d.C., importò varietà di uve da Malta, rendendo le essenze viticole diverse da quelle di Palizzi. L’arrivo di profughi, sia durante l’avanzata turca che dopo la caduta di Cipro e Candia, contribuì alla grande diversità varietale nella zona. L’Università di Bologna ha confermato legami genetici tra gli abitanti di alcune comunità calabresi e popolazioni delle isole greche e di Cipro, oltre a relazioni con i siriani e il Caucaso, probabilmente dovute agli Armeni che si rifugiarono in Calabria al tempo dell’impero bizantino. A Ferruzzano è stata individuata una vite apirene, denominata Rodi B, probabilmente portata dai profughi greci durante l’avanzata turca. L’importazione di vitigni provenienti dall’Egitto dopo la conquista araba portò alla diffusione dei Moscati in Calabria. La varietà Mantonico, probabilmente originaria della penisola del Peloponneso, si diffuse soprattutto nell’area tra Bova e Bianco. La Lacrima, sia bianca che nera, era presente in diverse comunità calabresi e veniva utilizzata per produrre vini pregiati, sia rossi che da dessert. Tuttavia, molte di queste varietà sono andate quasi estinte nel corso degli anni. I grappoli prodotti sono di grandezza media, dalla forma talvolta irregolare, dagli acini medio-grossi dal colore giallo paglierino a maturazione, le foglie della vite sono pentalobate fortemente pubescenti, lanate e, confrontate con vitigni della Campania, risultavano simili a quelle della Coda di volpe, suggerendo una possibile connessione storica tra le due regioni.