Famiglia Vitacee
La ricerca sui vitigni del territorio, condotta nelle aree marginali, ha portato a risultati significativi grazie agli anziani che conservavano varietà antiche nelle loro piccole vigne. Molte delle grandi vigne furono abbandonate durante l’emigrazione di massa degli anni ’50, quando gli zappatori, principali consumatori del vino prodotto, lasciarono le campagne. Il vino, sebbene spesso non di alta qualità, forniva energia ai lavoratori. Le vigne erano composte da numerose varietà di uva, e la miscelazione delle varietà era comune per ottenere un vino più aromatico e di migliore qualità. Nei decenni successivi, con l’emigrazione verso il Nord Italia, le comunità rurali si svuotarono, lasciando solo gli anziani e coloro che si consideravano benestanti. Questi anziani, per alcuni anni, furono responsabili della conservazione delle varietà antiche, mantenendo vigne marginali talvolta vicine ai paesi o raggiungibili solo a dorso d’asino. Grazie a tali sforzi, è stato possibile recuperare varietà uniche al mondo, dimostrando la grande diversità genetica presente nel mondo viticolo del sud Italia. Tra le varietà recuperate vi è la Lacrima bianca lanata di Ferruzzano, una varietà delicata con potenziale per produrre un vino bianco raffinato. Questa varietà, fortemente pubescente e in grado di far venire in mente le Aminie Lanate portate dai Tessali verso la metà del V secolo a.C. nell’area di Sibari, è conosciuta anche come Caicino e potrebbe essere paragonabile al Falerno, un nobile vino romano. Tuttavia, rimangono solo poche viti di questa varietà, conservate nelle vigne degli anziani e in un campo di salvataggio.